«Ci vediamo a casa» è la descrizione perfetta di tutto quello che è famiglia, partendo dalla realtà e non da definizioni vere ma slegate dal vissuto di ognuno; il libro, scritto a quattro mani da Gigi De Paolo e Anna Chiara Gambini, marito e moglie, porta il lettore all’interno delle mura di casa, dove ha la possibilità di assistere a tutto quello che succede una volta chiusa la porta d’ingresso, nell’intimità vera della coppia. Gli autori, genitori di cinque figli, raccontano con ironia cosa vuol dire vivere in una famiglia, dalla scelta della sua formazione fino all’arrivo dei figli, che stravolgono, come naturale, la concezione della propria vita, del proprio tempo e della propria persona: «Che sensazione strana. Non mi appartengo più».L’immaginario odierno porta la famiglia ad essere vista in due diverse prospettive: da un lato come l’immagine perfetta e lontana (quasi fosse l’antica Arcadia dei poeti) di un mondo di relazioni senza problemi, spensierata, dove la vita è semplice e tutto va per il verso giusto; è la tipica “famiglia del Mulino Bianco”, bella ma fredda e lontana dalla realtà. L’altra visione è quella che la interpreta come una serie di valori da sfoderare nel dialogo politico.
Questo libro parte da un’altra prospettiva, priva di qualsiasi ideologia e finta armonia, che è quella più realistica: la famiglia è una comunità fatta di persone concrete, che viene definita dagli autori stessi come “un disastro”, e proprio per questo è meravigliosa. È un luogo di continui compromessi, di problemi da risolvere anche quando si vorrebbe stare sul divano a riposare, di scelte da fare e di responsabilità da prendere. Non esiste una formula magica per vivere nelle mura di casa con altre persone: si impara a stare in famiglia iniziando a viverci («Una famiglia vive, per fortuna: non ha tempo per pensare troppo a come farlo»). Non è vero che in una famiglia non si litighi o non ci siano incomprensioni, o non si desideri non vedere più il proprio partner, almeno per il resto della giornata; eppure rimane qualcosa, anche durante le “tempeste” che attaccano la quiete domestica, che impedisce alla coppia (con figli annessi) di continuare i conflitti e le guerre per un tempo indeterminato; i litigi fanno parte della vita di ogni famiglia, compresa la famiglia De Palo, sono ospiti indesiderati che nessuna coppia considera estranei; ce ne sono alcuni in particolare che sono una sfida per l’intero matrimonio, che potrebbero avere la forza di rompere tutto quanto è stato costruito. Proprio questi sono occasione per rendersi conto che «ripartire richiede fatica. Ricostruire costa. Riallungarsi la mano è una scelta. Ma perdonarsi è un dono».
La consapevolezza che non sia tutto perfetto è uno dei tanti aspetti che emerge dalla lettura: «Non è tutto rose e fiori, lo sappiamo. Ci sono errori e dolori, ma ci sono anche bellezza e amore. Un amore che non è sentimentalismo ma concretezza. Non parole ma fatti. Amore fatto di piccoli perdoni quotidiani, di gesti reali, di parole che vorresti dire e che, per fortuna, rimangono in gola».Un bellissimo aspetto che si pone in evidenza è che la vita di casa è descritta partendo dal vissuto dei due autori e questo inevitabilmente porta a sottolineare la differenza tra il maschile e il femminile, tra la figura paterna e quella materna, tra le presunte priorità dell’uno e quelle dell’altro: per tanti versi tutto questo sembra quasi incompatibile, eppure in una famiglia ogni cosa riesce in qualche modo ad integrarsi perfettamente. Le differenze tra papà e mamma non sono ostacoli ma ricchezze, così come la differenza tra la sensibilità femminile di Maria Chiara e la spregiudicatezza maschile di Gigi.
Nel rapporto tra loro e nel rapporto con i figli entrambi giocano tutto di sé, anche se questo sembra non bastare mai.Il racconto è anche un viaggio, quello di due genitori che vedono i figli crescere inesorabilmente, consapevoli che abbandoneranno le piccole tradizioni familiari apprese da bambini per inseguire il loro desiderio d’indipendenza: «Mi cresci davanti e io impazzisco […], dammi ancora un giorno per abituarmi al fatto che non sei più quel frugolino carnoso e profumato che mi ha fatto diventare padre». Ma non è solo disperazione o desiderio, legittimo, che il tempo rimanga come bloccato, anzi, nella sofferenza di questo progressivo distacco rimane la consapevolezza che «vedere crescere i figli rimane sempre l’esercizio più stimolante e al tempo stesso faticoso che si impara a fare in una famiglia».Questo lavoro non è un trattato sul matrimonio né un manuale per essere la coppia perfetta, non ci sono definizioni né aiuti teorici su come crescere i figli o su come rapportarsi con gli altri membri della famiglia. Al contrario è la testimonianza di un padre e di una madre, la descrizione della strada percorsa insieme e da soli, i loro dubbi e le loro domande, le loro paure e i loro desideri: è la storia della loro vita insieme.
Ed è una storia unica, come quella di ognuno.