In questi anni di lavoro in consultorio, abbiamo raccolto molte esperienze di famiglie che ci hanno riportato il lutto perinatale come un fatto che segna profondamente. Noi stessi operatori sappiamo che la perdita di un figlio durante la gravidanza o poco dopo la sua nascita lascia un solco, che ha bisogno di avere un luogo dove essere elaborato.
Questo dolore non appartiene solo a tante donne, ma coinvolge intere famiglie, a partire dai papà: il nostro progetto La Casa Fiorita tiene profondamente in considerazione il fatto che dentro la fatica di accogliere la perdita di un figlio non ci siano solo le donne, ma che quando si interrompe la gravidanza c'è anche un uomo, il papà.
Tante volte le famiglie che perdono un bambino si sono sentite dire frasi come: “Vai avanti, non era neanche un bambino! Non pensarci più, fanne subito un altro”, ma in altrettante occasioni noi incontriamo questi stessi genitori quando stanno vivendo una gravidanza successiva e li ritroviamo infelici di accogliere il bambino che sta per arrivare, perché non è stato sufficientemente elaborato quello precedente, il figlio che non è nato, appunto.
Infatti anche se la gravidanza si è interrotta, questo non vuol dire che non ci sia stata: è necessaria la presa di consapevolezza di quanto è accaduto, perché non è possibile solamente andare avanti, anche quando dopo l'esperienza di un aborto spontaneo si rimane sotto shock, quasi incapaci di provare dolore.
Altre volte, le famiglie sentono su di loro un senso di colpa, come se qualche cosa nei loro pensieri e nel loro vissuto abbia provocato la perdita del proprio figlio; in diverse occasioni invece arrivano in consultorio arrabbiate per l’interruzione del loro progetto di vita.
L’esperienza della perdita in gravidanza è a tutti gli effetti un'esperienza di lutto. Lutto, dal latino luctus, vuol dire “pianto” e indica la profonda sofferenza per una perdita grande, che ha bisogno di un tempo per essere assimilata. L’elaborazione del lutto normalmente va dai sei mesi ai due anni, però questo tempo si può dilatare, se è necessario per la mente e per il cuore rimane lì. Questo però non è un dolore che non fiorisce perché, al contrario, può anche arrivare ad offrire un qualcosa di bello. Ci sono state raccontate esperienze e descritti i frutti buoni nati da vissuti profondamente dolorosi, che sono però stati curati e elaborati.
In questo percorso di presa di coscienza e di interiorizzazione, c'è bisogno di ascolto e di sostegno: alcune volte bastano pochi incontri, molto spesso è sufficiente anche solo il condividere la propria condizione con altre famiglie che hanno vissuto un’ esperienza analoga. Per questo, nel progetto La Casa Fiorita, abbiamo pensato ad incontri individuali, ma anche a gruppi di mutuo aiuto, perché tante volte le famiglie ci hanno raccontano che il confronto con altre mamme e papà che avevano già vissuto questa esperienza le aveva aiutate molto.
Esprimere il proprio dolore, riconoscere quella gravidanza, insieme all'unicità di quel bambino perso ha anche una valenza di protezione e di prevenzione per il futuro: sappiamo, infatti, che l'aborto è considerato un vero e proprio trauma e che porta dunque in sé il rischio di psicopatologie, sia correlate all’aspetto fisico e caratterizzate dalla paura per la propria vita per la propria salute; sia di tipo psicologico che si agganciano al dolore nel momento della diagnosi, alla sensazione di fallimento e alla sensazione di isolamento e di paura. La Casa Fiorita, attraverso gli incontri di sostegno, mira a proteggere dal rischio di psicopatologie successive all’evento doloroso: infatti, in assenza di un supporto adeguato, i segni del trauma si potrebbero riaffacciare successivamente nella vita delle mamme e dei papà che l’hanno subito.
La Casa Fiorita non accoglie solo il dolore per un aborto spontaneo nel primo trimestre di gravidanza, ma anche quello che può accadere più avanti nella gestazione. In questo caso ciò che abbiamo detto finora è amplificato per lo spazio ancora più grande preparato per il bambino: uno spazio interno che si crea nel corpo e nella mente della mamma e un luogo fisico, esterno, cucito per il bambino nella sua cameretta o in altre aree della casa.
Il lutto perinatale comprende anche il periodo immediatamente successivo alla nascita, in cui lo spazio rimasto vuoto ha bisogno di un tempo di elaborazione che permetta di dare voce, di mettere parola sullo spazio stesso, per poterlo riempire non con una presenza fisica, ma con qualcosa di diverso: con un'esperienza che non si può negare sia avvenuta e che non è stata indifferente.
Ma La Casa Fiorita non è aperta solo alle famiglie che hanno vissuto un aborto spontaneo, al contrario il progetto prende in carico anche chi ha deciso volontariamente di interrompere la gravidanza. Può sembrare strano mettere insieme questi due eventi, che sembrano in opposizione tra loro, ma a noi operatori del Consultorio, che ci occupiamo anche di chi perde un figlio volontariamente, appare chiaro che la scelta di interrompere la gravidanza non è poi così libera come si pensa: tante volte i genitori si sentono spinti da motivi familiari o anche dal personale medico, soprattutto se l’aborto avviene nel secondo trimestre, quindi a seguito di una diagnosi di malformazione del feto. Anche l'aborto volontario è un evento traumatico, che porta con sé un grande senso di vuoto e di colpevolezza e che è fortemente correlato con il suicidio di molte madri, che si tolgono la vita dopo averne privato il proprio figlio. Per queste donne La Casa Fiorita è ancor più uno spazio di prevenzione in cui poter parlare di ciò che è accaduto, nel quale sentirsi accolte, nonostante una scelta che provoca profondi pentimenti e dalla quale non si può tornare indietro, provocando spesso il blocco totale della progettualità e l’'impossibilità di andare avanti.
Per questo il nostro consultorio ha desiderato mettere a punto e proporre un progetto che coinvolge gli psicologi e l’assistente sociale, ma anche i ginecologi e le ostetriche e che parte innanzitutto dalla consapevolezza di che cosa significhi il lutto per un bimbo ancora nell’utero materno o appena venuto alla luce.
I ginecologi sono coloro che si trovano a dare la notizia della perdita, di quel battito che non c'è più, della vita che si è fermata: è innegabilmente molto diverso per una famiglia ricevere questa terribile sentenza da un ginecologo formato, ben consapevole della sofferenza che questa comunicazione provocherà, oppure da un operatore meno preparato a cogliere l’intensità emotiva e umana delle sue pazienti. Tutti i ginecologi del nostro consultorio, che incontrano settimanalmente l’equipe degli psicologi, pongono molta attenzione agli aspetti legati alla comunicazione con la paziente e i suoi famigliari.
Allo stesso modo, le ostetriche sono coloro che colgono per prime i segnali di sofferenza o le testimonianze delle famiglie che hanno vissuto l’esperienza di una gravidanza interrotta: infatti queste colleghe, durante le occasioni di incontri di gruppo, come i corsi pre - parto, si imbattono in ferite non ancora rimarginate e, per questo, impossibili da nascondere. Quindi anche le nostre ostetriche sono formate per accogliere questo tema, ovvero per comunicare l'importanza di creare uno spazio apposito per l’elaborazione della perdita. Spesso, allora, le ostetriche suggeriscono alle famiglie di rivolgersi ai colleghi psicologi e a quest’ultimi di prendere in carico il bisogno emerso. Abbiamo proprio in mente una mamma, che ci ha testimoniato la sua esperienza attraverso una lettera scritta, il cui dolore era stato visto innanzitutto da un'ostetrica della nostra equipe, grazie alla quale era stato subito possibile l’accesso diretto ad un percorso di sostegno psicologico.
Anche l’assistente sociale ha un rapporto individuale con le famiglie che hanno vissuto la perdita di un bimbo durante la gestazione oppure nei giorni immediatamente successivi la sua nascita, perché, nel nostro consultorio, è quella figura professionale che filtra tutti gli accessi e che conduce ogni primo colloquio di sostegno.
Infine, vogliamo spiegare l’origine del nome “La Casa Fiorita”, che è stato pensato da tutta l'equipe di professionisti del consultorio, seguendo, in particolare, la suggestione di una psicologa, che ha raccontato la propria esperienza con una paziente, che si domandava come poter spiegare al figlio più grande la perdita del fratellino in grembo. Durante il colloquio con la paziente, questa collega aveva davanti a sé un vaso fiorito, con alcuni rami protesi verso l'alto, verso il cielo e altri rami rivolti verso il basso, la terra. Insieme - la collega e la mamma - hanno pensato di usare la metafora di queste gemme per raccontare al fratello maggiore dove fosse sbocciata la vita del piccolino: non in terra, ma in cielo. Inoltre, il termine “Casa” sta a significare un luogo dove portare la sofferenza che deriva dalla perdita di una persona tanto attesa e amata.
Valeria D’Antonio, psicologa e psicoterapeuta con esperienza nell'accompagnamento all'elaborazione di diagnosi di malattia e nell'elaborazione del lutto, ha concluso il suo intervento affermando che per lei La Casa Fiorita è un’opportunità per unificare le proprie competenze con il lavoro di incontro e sostegno verso le famiglie che si rivolgono al Consultorio.